MENU > HOME
Filtra Ricerca
Filtra Per Anno

Dettaglio Comunicato

Comunicati > Telecomunicazioni > Operatori TLC > Dettaglio
02 Novembre 2016 Tim - Audizione agcom su possibile disaggregazione o esternalizzazione delivery accurance linee telefoniche olo

 

In data 18 maggio 2016 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito AGCom) ha reso pubblica la Delibera 122/16/CONS con la quale ha dato inizio ad un procedimento istruttorio per valutare le proposte presentate da Telecom Italia (di seguito TIM) in base a quanto richiesto dalla Delibera 6223/15/CONS per il rafforzamento delle garanzie di parità di trattamento, equivalence, (articolo 64) e per la disaggregazione ed esternalizzazione (articolo 22) delle attività di provisioning ed assurance sui servizi Unbundling del Local Loop (ULL) e Sub Loop Unbundling (SLU).

Contestualmente AGCom ha indetto una consultazione pubblica per raccogliere dal mercato le osservazioni sulle suddette proposte e su un documento AGCom contenente le sue valutazioni preliminari sulla proposta TIM.

Con l’odierna audizione le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL intendono - in qualità di sindacati maggiormente rappresentativi nell’ambito del settore TLC, sia lato TIM che lato OAO (Other Authorized Operators) che in alcune importanti imprese di rete facenti parte del System Unico Condiviso – portare all’attenzione dell’ AGCom un punto di vista non necessariamente focalizzato sul versante delle sostenibilità economiche.

In particolare le scriventi OO.SS. ritengono come il sistema complessivo di gestione della rete di telefonia fissa abbia raggiunto un sistema di equilibri molto complesso ed al tempo stesso fragile dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro e, conseguentemente, della tenuta occupazionale, che non possa essere in alcun modo sottovalutato in qualsivoglia

valutazione di carattere regolatorio. Questo non solo per le ricadute di carattere sociale ed occupazionale complessive, ma anche per le evidenti ricadute organizzative che finiscono, come spiegheremo in questo Nostro breve intervento, per avere delle ricadute immediate e non sempre prevedibili in termini di qualità del servizio, reale concorrenza ed effettivo beneficio sulla collettività.

Come forze sociali abbiamo sempre considerato la fase della liberalizzazione del mercato delle TLC come una fase ineludibile e complessivamente positiva per lo sviluppo del Paese, per la crescita di un settore strategico e, non da ultimo, per il rafforzamento della quantità e della qualità dell’occupazione.

Come già registrato in altri Paesi occidentali, anche in Italia il passaggio da un regime di monopolio ad uno di concorrenza ( con la conseguente gestione del non facile ruolo di incumbent tecnologico e commerciale dell’ex monopolista nel complicato incastro di equilibri con i nuovi soggetti industriali modularmente consolidatesi in Italia) non è stato semplice sotto nessun punto di vista (anche quello di natura più squisitamente "sindacale" evidentemente).

L’acquisizione di un sistema regolatorio stabile e trasparente, dove siano chiare le regole, i diritti ed i doveri di ciascun attore in causa, dove in particolare tutti gli attori della filiera applicano correttamente il CCNL di lavoro, non può che esser salutato dal sindacato come un elemento positivo.

Con questo nostro intervento non intendiamo quindi entrare nel merito delle vicende che hanno portato all’odierna situazione di contenzioso. Così come non riteniamo opportuno, almeno non in questa sede, discutere dell’intero impianto della Delibera 623/15/CONS e degli interventi precedenti (sebbene non possano essere del tutto sottaciute le ricadute in termini di organizzazione del lavoro del complesso di proposte di TIM atte a raggiungere il Nuovo Modello di Equivalence, ricadute che, evidentemente, attengono al confronto più squisitamente sindacale attualmente in corso in azienda e che in questa sede riteniamo opportuno citare parzialmente non fosse altro che per completezza di informazione e per rispetto verso quelle lavoratrici e quei lavoratori che stanno oggi facendosene carico , con un aggravio delle proprie condizioni lavorative).

Ciò che vogliamo invece evidenziare è l’impatto "imprevedibile" che potranno avere sull’intero sistema che ruota intorno alla rete fissa due modelli in particolare dell’intero

impianto oggi oggetto di questa consultazione pubblica: ovvero quello delle cosiddette "Disaggregazione" ed "Esternalizzazione".

Ci riferiamo evidentemente alle …"due proposte ….rispetto alle modalità di disaggregazione dei servizi che l’OAO può richiedere in merito alle attività di provisioning e manutenzione correttiva (anche assurance), nonché rispetto al grado di autonomia contrattuale che caratterizza i rapporti tra gli operatori e le imprese terze attive nella fornitura di detti servizi". In particolare riteniamo che le domande "6", "7", "12", "13" "17" e "19" dell’Allegato "B" alla delibera n.122/16/CONS rappresentino, dal nostro punto di vista, il punto cruciale di un ragionamento sull’intero "mondo rete" e sul complesso rapporto fra incumbent, operatori alternativi e sistema degli appalti di rete (anche noto come System Unico condiviso).

Allo stato attuale quello che potremmo definire il "mondo tecnico" di Tim trova la sua collocazione nell’ambito Wholesale e rappresenta la parte esterna e quella interna che si relaziona sia con la clientela retail (clienti TIM) che con la clientela OAO.

Gli impegni derivanti dalla delibera 718/08 CONS (punti 15 e 16) sulla parità di trattamento prima, gli articoli 22 e 64 della delibera 623/15 CONS sulla realizzazione di un modello di disaggregazione (22) ed esternalizzazione (64) poi , in particolar modo questi ultimi due punti, richiedono a nostro avviso un attento supplemento di valutazione nell’ambito dell’impatto occupazionale sia per TIM che per l’intera filiera.

Oggi l’organizzazione del lavoro di Tim per quanto attiene i propri tecnici esterni prevede il presidio assurance e delivery organizzato tramite un invio semi automatico di attività al personale che, in base ad un ordine cronologico di appuntamenti, svolge la sua attività sia presso clienti retail che clienti OAO.

L’attuale gestione degli ordinativi delivery ed anche assurance fa si che il processo di gestione degli ordinativi degli OAO venga regolato solo ed esclusivamente da Tim, la quale utilizza sia la propria forza lavoro (MOS) che quella delle imprese di rete (MOI) per gestire le varie fasi del processo.

Sino ad oggi l’unico flusso di controllo degli OAO è consistito, in definitiva, nel veicolare gli ordini commerciali dei propri clienti a TIM affinché questa provvedesse a realizzare, tramite manodopera sociale o manodopera d’impresa, l’intervento presso il cliente dandone successivo riscontro all’operatore alternativo.

In questo modo TIM perseguiva, dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, l’obiettivo della saturazione della manodopera interna utilizzando il sistema dell’appalto per coprire i picchi o per la realizzazione di specifiche attività secondo percentuali variabili nel tempo e nei territori.

Intorno a questo modello si è nel tempo costruita un’organizzazione del lavoro particolarmente complessa dove la presenza imprescindibile di TIM come "organizzatore" della filiera e, in un certo qual modo, significativo garante di standard qualitativi, ha permesso condizioni di lavoro tendenzialmente omogenee (sebbene non esenti da elementi di criticità e di fragilità).

Del resto quello degli appalti di rete è infatti un settore molto particolare, con un mondo delle imprese esterne ( le componenti del cosiddetto System) particolarmente eterogeneo, nel quale pure non sono mancati in questi anni fenomeni di preoccupante disgregazione delle filiere che, soprattutto nel mondo del subappalto, hanno dato vita ad un mercato non sempre coerente e con non sporadici episodi che potremmo definire di "disordine" organizzativo quando non proprio di irregolarità.

Non da oggi infatti come sindacato, insieme ai colleghi di FIM, FIOM e UILM, abbiamo a più riprese sollecitato l’apertura di un tavolo di monitoraggio ministeriale che provasse, con la partecipazione di TIM e degli OAO, a mettere ordine ad un mondo dove le "forze centrifughe" e gli episodi di irregolarità non mancavano.

In questo quadro quanto in discussione in questi mesi e quanto oggetto di questa consultazione costituiscono quindi un ulteriore elemento di complessità le cui ricadute non possono non essere oggetto di attenta analisi da parte di tutti gli attori in campo.

Come abbiamo detto non è in discussione l’esigenza di garantire un sistema di equivalenza di accesso e di condizioni i più ampi possibile. Ciò che andrebbe a nostro parere maggiormente indagato, e che nei documenti in nostra visione non viene forse valutato con sufficiente profondità, sono le ricadute complessive sull’intero sistema occupazionale del settore.

Non alludiamo solo alle pur preoccupanti ricadute dirette su TIM, che proveremo comunque ad illustrare, ma all’effetto che i progetti di disaggregazione e, ancor di più, di esternalizzazione possono avere sul governo delle dinamiche occupazionali e delle più generali condizioni di lavoro dell’intera filiera (con evidenti ripercussioni sulla qualità

complessiva del servizio e sulle corrette dinamiche concorrenziali che, da un lato, possono soffrire sicuramente un eccessivo accentramento di intermediazione da parte dell’incumbent, ma da l’altro anche di un altrettanto eccessiva frammentazione degli interessi).

Nella proposta Tim disegna due scenari.

Il primo modello, la c.d. disaggregazione, vede TIM e gli OAO condividere l’impresa di Rete (il System Unico condiviso) secondo un modello di qualificazione effettuato dall’incumbent con criteri certi che mettano in condizione di poter scegliere da un elenco di imprese (il system appunto) certificate da Tim a seguito di una sorta di verifiche di idoneità a cui partecipa anche l’OAO. Secondo questo modello gli operatori alternativi potranno quindi scegliere il System al quale far eseguire i lavori di delivery ed assurance, considerando che anche Tim potrà essere considerata alla stregua di un system e quindi potrà essere incaricata di eseguire direttamente le attività con la propria forza lavoro.

Il secondo modello, ovvero l’esternalizzazione, prevede la totale disintermediazione di TIM nel rapporto fra operatori alternativi ed imprese di rete.

Nel primo modello AGCom prevede anche la possibilità di aprire alla qualificazione di altri System rispetto a quelli che già operano per TIM e, elemento questo non secondario, l’adozione di un meccanismo di gara per la selezione del System per un perimetro di attività più ampio rispetto all’ULL ed allo SLU, ovvero anche su attività riguardanti la clientela retail (TIM).

Questo secondo aspetto apre indubbiamente scenari di assoluta competitività. Come più volte rimarcato sin qui non intendiamo mettere in discussione le esigenze di favorire la concorrenza; occorre però analizzare bene quale modello concorrenziale si voglia percorrere. La concorrenza intesa come trasparenza dei processi e delle procedure non può che vederci pienamente concordi. Un insieme di norme che finiscono per delineare un quadro di concorrenza frastagliato, dove la competizione finisce per essere trasportata solo sulla rincorsa di prezzi più bassi e sempre maggiori flessibilità operative ci lascia invece decisamente perplessi e tendenzialmente contrari, sia sul piano più squisitamente sindacale; sia perché non siamo poi così convinti degli effettivi ritorni positivi sul sistema nel suo complesso.

Il modello di gara ipotizzato da AGCom porta fatalmente verso scenari nei quali gli Operatori alternativi sarebbero messi nella condizione di accedere a prezzi differenziati per area territoriale, per servizio e per impresa. In questo modo si destruttura il "prezzo medio nazionale" portandone una differenziazione per territorio. Nelle aree con maggiore concentrazione di servizi ULL e SLU (essenzialmente le aree metropolitane, i grandi centri abitati e qualche distretto economicamente connotato) si assisterebbe ad una contrazione dei costi che gli Operatori riuscirebbero ad "imporre" alle imprese di Rete.

Il secondo modello prevede invece che gli Operatori Alternativi possano rivolgersi direttamente ai system senza alcuna forma di intermediazione da parte Tim (la c.d. Esternalizzazione). Un modello, quest’ultimo, che privilegia decisamente l’intermediazione diretta degli OAO con le imprese di Rete ma che porta con se alcuni rischi che qui intendiamo sottolineare, ovvero quanto con questo schema si riesca a salvaguardare l’efficienza e l’unitarietà dei processi e la sicurezza dell’infrastruttura di Rete. Ci troveremmo infatti davanti d’avanti ad un possibile scenario di segmentazione delle responsabilità degli interventi sulla rete TIM fra tre soggetti ben definiti (TIM, gli OAO e le imprese di Rete) con ruoli e processi, e conseguente impatto sulla tenuta occupazionale complessiva, tutti da definire (giova ricordare che l’accesso alla infrastruttura di Rete non avviene solo attraverso il presidio delle tante centrali ma anche attraverso le migliaia di armadi di derivazione sparsi sull’intero territorio nazionale).

In questo contesto ciò che ci porta ad essere maggiormente preoccupati sulle future evoluzioni del sistema è la qualità dello scenario competitivo che deriverebbe da interventi che tendono ad una disintermediazione sempre più forte (quando non totale come nel caso della esternalizzazione) dell’incumbent. A nostro avviso si aprirebbero scenari di forte frammentazione tali da generare una dinamica di compressione dei costi e, più in generale, una oggettiva perdita di valore dell’intera filiera.

Una dinamica a noi già tristemente nota in un altro segmento della filiera delle TLC particolarmente contraddistinto anch’esso dal forte ricorso a fenomeni di appalti ed esternalizzazione di attività, con una forte incidenza del costo del lavoro, ovvero al mondo dei customer care. Anche in questo caso abbiamo potuto verificare nel tempo come l’eccessiva parcellizzazione della filiera, spinta verso una continua ricerca di minori costi, abbia prodotto una complessiva perdita del valore delle professionalità. Nel caso del mondo della Rete, a differenza di quanto avvenuto in quello dei customers, riteniamo indispensabile che tutto il sistema, a partire dalle autorità di vigilanza e controllo, valutino

con costante attenzione tutte le ricadute delle scelte che si prenderanno lungo tutta la catena del valore.

Ciò che è accaduto in questi anni conseguenti alla liberalizzazione del settore nell’ambito della gestione della rete di comunicazione fissa ci ripropone temi tipici di tutte le realtà che da un regime di monopolio passano ad uno di libera concorrenza anche attraverso il forte ricorso all’esternalizzazione di attività.

Modelli che comportino una ulteriore frammentazione della filiera, introducendo elementi di forte competitività sui costi fra tipologie di lavoratori con storie professionali molto diverse, senza alcun elemento di livellamento verso standard qualitativi ed economici stabili, portano fatalmente ad una destrutturazione del lavoro.

Gli scenari che intravediamo nelle possibili scelte di totale disintermediazione di TIM nella filiera degli appalti di Rete ci restituiscono un quadro nel quale si rischia seriamente di perdere, da un lato, migliaia di professionalità pluriennali e, dall’altro di livellare il settore verso il basso a discapito della qualità del servizio.

Non ci convince l’analisi complessiva della tenuta occupazionale (intesa sia come numero di occupati che come qualità dell’occupazione) con riferimento all’intero bacino del mondo della Rete. Le oggettive differenti condizioni oggi presenti nelle varie realtà industriali del settore (come registriamo amaramente oggi nel mondo dei customer) ci indicano come il rischio vero di questa operazione sia la perdita secca di professionalità e, di conseguenza, di valore. Dinamiche già oggi presenti in ambito Rete ci dimostrano come l’eccessiva parcellizzazione abbia portato alla creazione di un’occupazione non sempre di qualità e di forte "dumping" professionale e salariale tra le imprese di Rete. La competitività spinta sui prezzi, in un contesto ancora poco disgregato, ha portato troppo spesso all’insorgere di fenomeni di irregolarità diffusa. Aumentare, sebbene partendo da presupposti condivisibili quale il raggiungimento di standard competitivi sempre più trasparenti, la frammentazione della filiera degli appalti di rete, assegnando ad ogni operatore alternativo la completa mediazione con le imprese, mette l’intero sistema a rischio di perdita di politiche univoche in termini di qualità del servizio e , soprattutto, qualità dell’occupazione.

Se passasse poi il modello dell’esternalizzazione l’impatto complessivo sul settore, e su TIM in particolare, sarebbe ancora più grave. L’esternalizzazione delle attività di provisionig e di assurance

porterebbe l’ex monopolista ad "inseguire" le scelte adottate dagli operatori per individuare le imprese di Rete. Oggi gli Operatori che operano con l’ULL e lo SLU sono

caratterizzati evidentemente da un bacino di clientela prevalentemente concentrato nelle città e nelle aree metropolitane. In queste aree il ricorso massiccio all’esternalizzazione delle attività da parte degli Operatori alternativi porterebbe le imprese di Rete ad offrire fatalmente prezzi sempre più competitivi rispetto al valore medio nazionale. La stessa TIM, in una dinamica simile, dovrebbe orientarsi sempre di più verso l’utilizzo di manodopera di impresa per sostenere una tale competizione. Nello stesso tempo il costo della manodopera nelle rimanenti aree del Paese (quelle con minore minore "competitività") risulterebbe fatalmente fuori mercato rispetto alle aree a maggiore concentrazione di offerta. Il combinato disposto di questi due fattori ci riporta un rischio elevatissimo di migliaia di esuberi reali e, nel caso delle aree a maggiore concorrenza, di innesco di una dinamica involutiva delle professionalità e delle condizioni di lavoro.

In ognuno dei casi analizzati il Paese si troverebbe così ad affrontare da un lato un reale e grave problema di tenuta occupazionale (come detto in senso lato, sia di rilevante perdita possibile di posti di lavoro che di altrettanto possibile perdita di valore dell’occupazione), dall’altro un problema di qualità del servizio e, più complessivamente, di possibili ritardi nello sviluppo infrastrutturale causati da eccessiva frammentazione degli interessi e, perciò, della governance generale.

Episodi che purtroppo si sono verificati, ripetiamo, nel mondo dei customer, dove lo Stato deve ora intervenire pesantemente con l’utilizzo di ammortizzatori sociali non contemplati in precedenza e, quindi, con un sensibile aumento dei costi per la collettività.

Quanto esposto nella nostra "memoria" mette in luce la necessità di ponderare ed approfondire con grande attenzione scelte certamente importanti per lo sviluppo del mercato ma che potrebbero avere ricadute negative sia sul piano occupazionale che in termini di qualità/sviluppo del servizio. Condizioni, queste ultime, fondamentali per il Paese ed il suo significativo momento di crisi nel quale necessitano azioni positive e non potenziali fattori di rischio involutivo.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL

Tim - Audizione agcom su possibile disaggregazione o esternalizzazione delivery accurance linee telefoniche olo Telecomunicazioni > Operatori TLC